Considerazioni su "A lungo ragionarne insieme"
video-composizione poetica di Maria Lenti
Vitaliano Angelini
Premetto che, volutamente, ho definito lo spazio della mia analisi alla sola poetica di Maria Lenti, mi scusino , quindi, i coautori di :"A lungo ragionarne insieme".
Questa di Maria Lenti, occorre dire subito, allora, sembra una voglia nuova di confrontarsi con la realtà, la storia, gli uomini.
Un bisogno diverso da parte di un'intellettuale consapevole, secondo la lezione fortiniana della fine del ''mandato sociale degli scrittori", della fine dell'impegno culturale della letteratura e della poesia intese come immediatezza e spontaneità, bisogno di una ricerca nuova e questo suo ultimo lavoro il cui titolo è: "A lungo ragionarne insieme " sta a dirci tutto ciò.
Si tratta di un video-testo recentemente pubblicato ed è sicuramente una forma insolita, un modo in sintonia coi tempi e gli strumenti della comunicazione che 1' autrice ha voluto usare; media con cui si è voluta confrontare ponendosi una domanda, essenziale, relativa al limite o meglio, alla possibilità del dire di travalicare i propri margini.
In arte, sempre più, sta divenendo una consuetudine usare gli apparecchi e i mezzi della multimedialità; questo video-volume, quindi, è in piena sintonia con i tempi e i modi dell'espressione poetica contemporanea. A me sembra, tra l'altro, che lei, di tali strumenti, ne faccia un uso estremamente delicato proponendoci ancora una volta il proprio essere poetico, il quale non si accontenta più della sola parola scritta ma, attraverso il mezzo tecnologico, cerca e propone la parola come suono, quasi un commento interagente con l'immagine
Nel suo lavoro, al tempo stesso la poesia è suono, canto, voce, ma anche parola filosofica oltre che ontologica e perciò mezzo e forma della conoscenza dell'essere, sia esso il proprio o quello degli altri. Conoscenza dell'essere giacché appartenente al reale, all'umano accettato nella sua naturalezza, senza sublimazioni. Si determinano così una serie di eventi che rendono la parola stessa trepidante nel definire una forma viva di solarità quotidiana, che passa attraverso le immagini del filmato sottolineando le azioni, i gesti di una quotidianità che 1' accomuna alle decine e decine di persone nei gesti usuali delle compere al mercato, ad esempio. Solarità e quotidianità che Maria Lenti riconosce e sottolinea come momento dell'esistenza cui appartiene ma che non per questo è esaustiva del proprio essere e, nonostante l'ineluttabilità esistenziale, quella, la quotidianità intendo, non è totalmente fondante del suo essere né in essa, perciò, è possibile interamente 1 ' identificazione.
Il travalicare i propri margini, che dicevo prima, assume, allora, una valenza metaforica ulteriore perché la poesia in queste immagini non ha cessato di circolare pur non tralasciando il definito, il determinato per l'indefinito e l'indeterminato.
Lenti, infatti, tiene sempre un rapporto vivo con il mondo e nella consapevolezza della mobilità del proprio orizzonte; così ha inizio, appunto, il video che ci presenta l'autrice, seduta su una panchina, nel belvedere di una collina prospiciente il mare, in un luogo senza nome né storia se non quella che si farà nel trascorrere delle immagini e delle parole, attraverso le quali la storia stessa diviene disfacendosi. Ciò è la naturale conseguenza del fatto che lei sa di trovarsi lontana dalla conoscenza certa, sa di essersi incamminata verso un luogo e di aver intrapreso un lungo percorso che non porta a paesi o città rassicuranti ma, al contrario, la strada incominciata va nella direzione di quel non paese e di quel non tempo, particolarmente cari a Celan, che essa identifica con una città, Urbino (lo dichiara apertamente); apparizione continua nel susseguirsi delle immagini, nel divenire della storia. E' una presenza ma, al tempo stesso, anche una non-presenza, luogo non-luogo dell'anima. Con quest'ultima opera, dunque, la scrittrice, documenta un dire che da un lato separa, dall'altro invece unisce e, comunque, penso che sia possibile affermare che, ancora una volta per lei la scrittura come parola e la parola come scrittura, intesa quale appartenenza, non si possono trascendere.
Il limite va infranto ma anche conservato; in questo il rischio, la scommessa che fa: collocarsi in un contesto altro dalla parola e ritenere che essa possa rimanere tale, ossia parola. Nel video, che Lenti ci propone oggi, le cose sono e non sono perché divengono, quasi a suggerire che l'origine resta sempre, poiché mobile, in divenire, futuro e, pertanto, la poesia accade nel suo disfarsi.
Di qui l'ansia edipèa che coinvolge anche lei e la sua poesia, inducendola a spingersi oltre il margine, in cui l'essere e il non-essere, il sapere e il non-sapere sono una cosa sola.
Nella video-composizione poetica, un muro, una strada emergono come la conferma di un cammino, di un filo logico che guida tutti gli attimi di un percorso il quale sembra definirsi in termini sempre più precisi ma che, in realtà, non possiede più una propria storia. Di fatto, di fronte allo scorrere di queste immagini, non è possibile una meditazione se non per correre il rischio di una frattura linguistica, di un'assenza di significato. Esse sono, o meglio appaiono ed esistono soltanto nel momento in cui vengono adoperate. In tal senso anche il linguaggio non è più una messa in opera che determina il significato, che coniuga le idee con la forma. C'è una sorta di tensione estrema in cui le contraddizioni si annullano mantenendo una loro intrinseca bellezza di luce, di colori, di suoni e di parole che tendono al limite estremo, il bello appunto, e, per così dire, in quello si placano.