In questo tempo molto visivo, ma anche molto sonoro e brulicante di cicalecci e allerte linguistiche, le parole abitano il nostro quotidiano come presenze dominanti e assertive; vengono dal borbottio di un televisore acceso, da uno scoppiettante trebbo di ragazzi, dal murmure di una coppietta , dal frastuono di una radio da un’auto in corsa, difformi dall’uscio di un caffè,…
Ci sono, ci urtano, ci sollecitano, ci spingono verso una direzione e /o verso l’opposta; hanno ombrosità, scoramenti, rissosità , spigoli aguzzi o movenze da meretrice; raramente sono pacificate, pensierose, confidenziali compagne di strada.
Invece questo le parole sono e dovrebbero restare: complici e compagne , maestre e tutoriali e infine evocative di noi e del mondo , alfabeto dell’unicità delle creatura e artefici della comunicazione-comunione-interazione con gli altri e con il mondo.
Chi ha dimestichezza con la letteratura nutre per le parole un profondo rispetto: esse hanno dato voce a quanto sembrava indicibile, hanno spalancato universi e permesso di sbirciare gli abissi; essi si fanno la persona che le pronuncia, diventano pensiero e carne dentro uno sbaffo d’inchiostro o un’emissione d’aria.
Maria Lenti , con questo bel libro di poesie “alfabetiche” dà ampia dimostrazione di quanto le parole possano essere “persone” e non maschere, o , precisamente, gioco , girandola e scandaglio di profondità portate alla superficie del dicibile e del cognito.
Certamente la costruzione del libro nasce da una ludicità colta: ad ogni lettera , rigorosamente in ordine alfabetico, per associazione l’autrice estrapola una parola e attorno a questa, in un serpeggiare di anafore , aggruma un significazione che varca la soglia della somma del significati per raggiungere un nucleo di verità sull’esistenza , sul mondo, sul sè.
Afferma Gualtiero De Santi nella bella prefazione “…. Cesellando una lingua speciale, anzi specialissima,rimata e ritmata, legata a schidionate in verticale oppure sviluppatesi su un piano di superficie. Una lingua che ha qualcosa del sortilegio rabdomantico ma anche i caratteri di una materialità e prensilità in grado di oscillare verso il campo del visuale e della sperimentazione spericolata. Attraverso parole che danno traccia a una sedimentazione della mente e dei più celati e internati e forse anche indicibili “desiri”.
Attraverso le parole e i sintagmi e il loro farsi frase incatenata dal filo rosso di una parola , Maria Lenti utilizza uno sguardo acuto, fermo e disincantato: il fonema "b" di blu , le fa dire, in due poesie affiancate, struggenti e dolorose verità sul mondo , su se stessa e sull’umanità: “ ...blu bicipite/blu precipite/blu anticipe/ Blu-B52 …. nel lavoro solito e nell’inquieto andare/ di me della mia specie del futuro/ sperare/seminare/serpillare/serpeggia e va diritto il blu cobalto del B52”
La lingua è usata come raffinato strumento di svelamento anche quando si fa giocosa e richiama la cantilena, i sonori ritmi infantili come in “Nuvola” : “ nuvola rosa/nuvola vaia/nuvola lilla………..” che termina “testa nuvola/nuova l’estate; ancor di più quando amara svela la “Signora Duemila”: “ …… signora delle lame/ signora delle brame/ signora delle trame/ signora d’altri natali/ ( cioè d’oscuri scali) “,e ancora , saltabeccando dalla filastrocca all’aforismo, in “Stella” : …” Stella diamante/ stella tagliente/ stella alpina/ stella di Natale/ azzurra bianca gialla aranciata/ rossa/ stella ora in rimessa/stella come una scossa/Un ,due, tre. Stella!”
Le citazioni , tuttavia, non rendono giustizia della ricchezza semantica di ogni singola poesia perché la disposizione delle parole sulla pagina apporta una ulteriore significazione che si somma a quella indotta dal ritmo, a quello evocato dai numerosi neologismi spesso onomatopeici, a quella volontariamente cercata attraverso la selezione sintagmatica ..
Così a senso si somma senso , mai in contraddizione ma in sinergia, e il flusso si espande ora in superficie ora in profondità; se espande su orizzonti sempre vasti, abbraccia molto del sentire dell’umana esistenza qui e ora, cioè in un tempo storico definito , riconoscibile dal climax evocato ma anche da singoli puntuali riferimenti agli accadimenti.
Tutt’altro che consolatoria, le poesie del libro hanno lame aguzze di analisi e come spesso accade nei giochi infantili, da un primo momento prevalentemente ludico si trapassa ad un acme spesso angoscioso ; come se le parole innocenti , con la pronuncia stessa ne evocassero altre che le sono meno fino a giungere alla chiusura, alla rasoiata.
Non mancano tuttavia composizioni lievi e leggere, ariose : come nella vita, il dolore si regge solo se si affaccia da qualche parte un sorriso.
Siamo in presenza di vera poesia e non in esercizi di lessicografia e di glottologia; possiamo anche dire che Maria Lenti ci dimostra come si può fare poesia attraverso esercizi di lessicografia. Vera poesia , dicevo, ( mai scontata negli accostamenti che, al contrario, sono spesso ossimorici) se per poesia si intende una comunicazione che va oltre il portato dei sensi e della riflessione e costringe chi la produce e chi la legge ad immersioni nel profondo di se stessi e nell’inarcatura dello sguardo pensieroso sull’uomo e sul suo destino terreno.
Niente cicaleccio, dunque, e nessuna facile e consolatoria cantilena: le parole non sono cose, neppure la loro anima, eppure dicono l’anima dell’esistenza.
Narda Fattori