A Maria Lenti
Nota su Versi alfabetici
Si sa com’è la poesia: ti chiama e devi rispondere. Accetti la provocazione. A volte lo fai per gioco, ma il gioco si può fare serio e t’incatena a parole pensieri sentimenti e da essi ti scioglie per riprenderti, e insiste, come in Versi alfabetici di Maria Lenti, dove l’inanellamento delle parole e di immagini già state, presenti, ripetibili o no, futuribili, scorre via con la sinuosità e l’invenzione ripetuta e bizzarra del nastro della ginnasta, per chiudersi poi in versi quasi improvvisi di sogno o rimpianto, di consapevolezza o ineluttabilità, di non sopita speranza.
Versi alfabetici risulta così una poesia assai meno cerebrale di quanto potrebbe apparire sfogliando il libro. E non importa che si conoscano tutti i vocaboli usati per sondare e scavare la realtà, che del resto ha tanti aspetti incomprensibili e oscuri.
Certo è che dalla lettura di Versi alfabetici emergono una profonda aspirazione e un desiderio insistente a voler cogliere tutto il reale e l’umano circostanti, sentiti come espansione di sé; coglierli in tutte le loro forme, sia apparenti sia profonde, nel loro spessore temporale ed emotivo, con le verità e le menzogne che lo accompagnano; coglierli con una sapienza sedimentata, come se finalmente si riuscisse a vedere tutto dall’alto con occhio disincantato, ma non indifferente.
Con affetto e stima
Leda Arceci
Dicembre 2004