Recensione su:

Vitaliano Angelini,  Mostra di incisioni e dipinti di piccolo formato. 

   Urbino. Circolo Cittadino – Assessorato Cultura e Turismo

          6-19 maggio 2006.

 

Vitaliano Angelini, urbinate, non è la prima volta che espone in questa città. Una città che conosce l’arte; che sa le sue radici lontane (un rinascimento unico) e recenti (la Scuola del Libro). Una città, dunque, esigente. Ma forse è per questi motivi, detti in sintesi ma pieni di implicazioni, che i pittori, gli artisti desiderano essere presenti qui. Le mostre sono l’occasione di un confronto - certamente impari nelle premesse -, ma sono anche l’occasione per restituire, almeno in parte, ciò che la città, la comunità, ha dato all’artista dall’infanzia, attraverso la crescita e la formazione, dalle radici cioè agli esiti attuali.

Nella mostra al Circolo Cittadino Angelini presenta incisioni recenti, acqueforti, acquetinte, xilografie, acquerelli, qualche acrilico, in un dialogo appunto con le proprie radici: per conservarle e andarvi oltre - come accade nella vita e nel cammino  di ciascun artista -, o per portarle oltre, arricchite anche da altri incontri ed esperienze (Sardegna, Brescia, Sassoferrato, Spagna, ecc.).

Se le forme geometriche, tenendoci al nucleo principale di questa mostra - le incisioni -, sono il  profilo di questa città, della luce “tagliata” (ma senza violenza, quasi in una continuità naturale: si pensi all’ex Monastero di Santa Chiara, alla rotondità che esce dal corpo rettangolare, dopo i pieni e i vuoti del grande cortile; si pensi alle forme del Palazzo Ducale nei due versanti) dai suoi palazzi e nelle sue vie, e sono anche una delle basi fondamentali degli studi di Angelini in quella Scuola che ha fatto epoca e storia, sotto la guida e accanto a maestri unici; nelle opere che oggi si espongono, le forme geometriche sono combinate in modo tale da evidenziare il gusto della contraddizione.

Il cono si inserisce come un cuneo in un profondità ben segnata, il cerchio ammorbidisce la spaccatura e proietta un’altra forma, i toni caldi del giallo e dell’arancione su quelle forme compiono un innesto tra antico e moderno, tra la forma introiettata e la sua cadenza elaborata con sensibilità tutta di oggi, in un gioco che sembra, o potrebbe sembrare o potrebbe rimandare, suggerire, sollecitare, il senso di una coscienza critica: quella di chi ha creduto nella lezione di Urbino e cerca, però, di tradurla in  forme altre, con il desiderio di far passare anche emozioni, ossia di far passare il “più” soggettivo dell’artista che si pone dentro la lastra, la sente mentre la incide, la inchiostra, la passa sotto il torchio.

 

Una coscienza critica espressa da Angelini anche attraverso la scelta di materiali diversi: le terre, l’acrilico, la tempera, l’incisione appunto, andando a sperimentare - come un vedere ogni volta nuovo - la differenza (dunque la relazione) tra una tecnica e l’altra: nel farsi dell’opera, nella sua resa.   Come dire, ricercare il senso della materia, ossia come dire che l’artista non si pone indifferentemente rispetto alla realtà.

La realtà - la cronaca, la storia, Urbino, i suoi anni - Vitaliano Angelini la guarda e ne scrive in poesia, ci fa sopra della critica (oltre quella artistica e letteraria, che pure hanno agganci con la realtà stessa e non solo con i testi presi in esame), la vive essendo in prima persona dentro la politica e dentro la polis.

Il senso della materia è dentro questa ricerca, come un chiedersi continuamente il senso delle cose e della vita. Ogni volta interrogandosi. Ogni volta “ricominciando”: incisione, acrilico, tempera, terre…

 

Maria  Lenti