Recensione di M. Lenti su :

Michele Bartolucci, Urbinum musicae, pref. di Antonio Fabi, Quattroventi 2006.
 

Sette racconti musicali, vari protagonisti della musica a Urbino dal medioevo ai primi decenni del novecento. Protagonisti (inventati e reali), luoghi (Venerabile Cappella musicale, Teatro Sanzio), e personaggi tratti anche da carte così studiate ed indagate da risultare veri.

Come vera è l’atmosfera di una città in cui la musica è suonata, seguita, amata; in cui le partiture si aprono dentro i palazzi e le stanze perché le note vi prendano dimora a segnare la presenza quotidiana (per sollazzo e per proprio sostentamento) e il tempo storico a futura memoria.

E Timoteo Viti e Raffaello, Pietro Bembo, Tiziano, Pietro e Alessandro Scarlatti, Pompeo Gherardi che racconta di Coriolano Biacchi e di Diomede Lamonaca, e i giovani Martino, Leandro. E Giacomino, dal talento straordinario fissato dalla povertà alla rinuncia del prosieguo degli studi a Pesaro. Immersi, tutti, dentro le atmosfere dei vari tempi e intenti, anche, a disquisire sull’ esistenza e la possibile sapienza di periodi diversi, ma dentro variazioni, tonalità, esecuzioni strumentali che rimandano composizioni quasi a portata d’orecchio.

Con la musica, con le note, si diverte e diverte, attrae, distrae Michele Bartolucci, che, diplomato in violino al Conservatorio “Rossigni” di Pesaro, svolge attività concertistica in formazioni orchestrali e da camera in Italia e all’estero.

Le senti tra le righe di questi racconti, le note: si alzano e si attenuano, insistono o lentamente escono di scena, segnano i giorni e i desideri dei protagonisti, ne marcano la delusione per non essere stati scelti – dal potere o dalla sorte – a tenerle con sé per ridarle ad altri, nelle composizioni o nelle esecuzioni.

Allora il divertimento suscita pensosità e si affida ad una nota talora dominante: la malinconia di una sorte che non premia chi ama l’arte.

Maria Lenti