La bella fronte di Luisa Il volto e il comportamento di una ragazza donna la Luisa (Gabriella Pallotta) de Il tetto di Vittorio De Sica Pubblicato in «Quaderni di Cinemasud» - anno 1, 2, dicembre 2004 |
…con gli occhi di oggi, dentro la figura di Luisa, i suoi passi, i punti.
Luisa come era e se era, non tanto nel 1956 (la data di questo delicato film di Vittorio De Sica. Delicato e, per taluni aspetti - così la critica di allora e quella più recente -, nuovo nella quotidianità difficile ma aperta al futuro), quanto, più probabilmente, subito dopo la seconda guerra mondiale in quella fame di case e di domani che Roma e le città italiane hanno sofferto fino allo spasimo e che Cesare Zavattini conosceva per aver fatto, peraltro, inchieste giornalistiche nelle borgate. Luisa, lungo i canali della memoria e sulle impronte delle donne, ripercorse per vedervi le tracce della differenza e della diversità di genere, nel fare e nel vivere, dentro modalità e movenze di allora, per cercarvi il volto di una ragazza-donna, né eroina né vittima: il volto, cioè, di una donna consapevole di sé e dell’intorno e di sé in relazione con gli altri, con le altre.
La libertà di Luisa. Luisa sceglie il suo fidanzato e poi marito. Benché Natale insista che la prima mossa l’ha fatta lui, essa rivendica di essere stata la prima a farsi notare. L’autonomia di Luisa. Appena maggiorenne, Luisa si sposa senza il consenso dei genitori, che non sono in chiesa il giorno delle nozze. Il padre, soprattutto (ma la moglie, madre di Luisa, gli obbedirà), era contrario a che Luisa, donna di servizio a Roma presso la famiglia del maggiore Baj, si sposasse perché i soldi, che lei manda a casa ogni mese, servono. Luisa segue il suo cuore che “non si comanda”: ma sentiamo che il cuore è la ragione stessa. Quanto ai soldi potrà ancora sostenere la famiglia contando sul suo servizio e sul fatto che Natale passerà da manovale a muratore. Della sua vita Luisa ha trovato il bandolo e si libera, è l’inizio del film, dalla tutela del padre e dalla paura di lui: ammesso che ne abbia mai avuta. I sentimenti di Luisa. Subito dopo la cerimonia Luisa va dal padre, offeso e orgoglioso, muto e indifferente. Lo raggiunge al mare proprio nel momento in cui, sulla sua barca, sta andando a pescare dalla riva verso il largo. Lo slancio è tale che Luisa entra in acqua con le scarpe (presumibilmente nuove). Il comportamento del genitore, il suo averle levato consenso e saluto, non spinge Luisa ad ignorarlo, a buttarselo dietro le spalle, peso finalmente tolto: la sua capacità d’amare e d’amore è, dunque non dipende né è soggetta a ricatti. La ritrosia di Luisa. Nella notte delle nozze passata, come altre seguenti, in casa dei genitori di Natale, in cui abitano cognati e nipoti, coram aliis il desiderio, pur vivo nei gesti prima di mettersi a letto e nello sguardo, è trattenuto, controllato. Anche all’aperto, al buio, dove si lascia condurre da Natale, si sente in una condizione di disagio, che non sembra il possibile imbarazzo della prima volta: gli slanci amorosi di Luisa, allora, hanno un luogo ed uno spazio, un tempo, un corpo. Che sono suoi. Luisa e il lavoro. Luisa sa quanto e come costino il suo lavoro, quello di Natale e quello di Gina che ha preso il suo posto, su sua mediazione e proposta, in casa Baj. Luisa ha il senso della realtà. Le relazioni di Luisa. Non silenziosa o introversa, ma più ascoltatrice che parlatrice, Luisa ha coscienza del valore della parola: <<Parliamo>>, dice ad un certo punto al marito per chiarire e per capirsi; <<Ti spiego>> ripete a Natale che scarta il progetto “casa di notte fino al tetto”. E’ in relazione da subito con le donne della sua nuova famiglia e resta in contatto con Gina. Da Gina si rifugerà quando Natale (lei, pur imbronciata, dispiaciuta, è d’accordo) decide di lasciare la casa dei suoi per contrasti, futili ma di sopravvivenza in poche stanze che costano, e irritazioni continue con Cesare, il cognato. E’ in relazione con le donne che, come lei, prendono acqua alla fontanella (e, possiamo immaginare, fanno la spesa alle bancarelle del mercato o nel negozietto all’angolo, stendono i panni e si scambiano pareri, opinioni, sui lavori di casa, sulle incombenze giornaliere, sul proprio vivere e pensare, sulla cura di sé e dei figli; si scambiano le informazioni sui prezzi, sulle occasioni, la scuola, sulle paghe dei mariti o le loro, gli asili (a venire), le ordinanze del comune, i provvedimenti, ecc. Insomma, si trasmettono conoscenze, di bocca in bocca, di madre in figlia, in una forma divenuta nei secoli sapienza, sapienza rintracciabile - fino a qualche decennio fa, l’epoca de Il tetto - solo nella letteratura e, poco, molto poco, nella storia. Quindi non riconosciuta). Ed eccola la sapienza: da una di queste donne, Lucia, Luisa saprà come e dove tirare su quattro muri. Il coraggio di Luisa. Quando si tratta di cercare casa e, poi, di decidere di costruire la casupola, Luisa non esita e, a fronte delle tergiversazioni di Natale, che impegna la ragione sempre sul “posticipo”, a fronte delle sue paure (debiti, guardie, ecc.), oppone non l’aleatorietà di un futuro comunque o le speranze consolatrici sul domani, ma la certezza del presente e la determinazione di avere un tetto sotto cui vivere e far nascere il figlio in arrivo. Il realismo di Luisa, la sua sensibilità. L’uscita dalla famiglia dei genitori di Natale ha significato la chiusura di ogni rapporto con Cesare. Luisa sa che Cesare è un ottimo (e svelto) muratore. Ha avvertito certamente che Cesare è uno di quei romani aspri, scontrosi se non ruvidi, ma generoso e tutto cuore. Vede e capisce che la casa non potrà essere terminata e coperta prima dei controlli mattutini. Così pensa di andare a chiamarlo - non escludendo il marito da questa sua volontà -. Si fa accompagnare da un ragazzino, sbucato dal buio. Tra entusiasmo e tremore, sembra una ragazzina anche lei su per la scarpata: è il senso dell’agire la propria energia nel cercare e nell’aver trovato la soluzione ad una difficoltà. Il pianto e il sorriso di Luisa. Il pianto sembra troppo sul ciglio o nella voce, il sorriso è spontaneo, limpido: appaiono né imposti né impediti da una “leva di comando” direzionata o censoria.
In tutto il film Luisa c’è con le sue dinamiche, le sue proposte, tutto l’aiuto che può dare anche materiale (per esempio, portando acqua per impastare la calce), le sue decisioni difese e spartite, quelle degli altri ragionate e fatte (o non fatte) proprie, ed è parte solidale della costruzione: vigile, attenta, in ansia. E’ una presenza a tutto tondo, non invasiva e non allusiva, discreta, chiara, senza ombre nella bella fronte, l’espressione rivolta, da sé, oltre sé, verso un esterno che appare suo perché interiorizzato. Maria Lenti
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