Su:  Addo’ ‘e lume e ‘i silenzie, Salerno. Ripostes, 2004

di Mario  Mastrangelo

    Interrogarsi o parlare della vita, scrivere del segmento tra la certezza di un principio e la certezza della fine, dopo gli orrori del novecento e gli attuali, dopo la scoperta in letteratura delle sotterraneità e della corporalità (con tutte le emozioni e le varianti), del quotidiano, dei sipari alzati, della funzione relazionale, eccetera, non è facile, anzi direi che può essere rischioso. Tanto più nella poesia in dialetto, un cui filone (per restare ai secoli appena passati) si è proprio definito e determinato sui canali esistenziali sopra detti, con accentuazioni anche di metafisicità (due poeti, Salvatore Di Giacomo e Biagio Marin, di aree e formazione diverse) -.

     Eppure resiste in alcuni poeti l’urgenza di porsi direttamente, con i loro versi, dentro quei canali. E’ il caso di Mario Mastrangelo con il suo ultimo libro Addo’ ‘i lume e ‘i silenzie - Dove i lumi e i silenzi - (Ripostes, 2004), il cui titolo restituisce non una domanda ma una constatazione e si offre dentro quei canali nei quali i lumi (le illusioni) appaiono per lasciare subito il posto alla realtà  dei silenzi (il dolore), almeno nella corrente principale e più diffusa della raccolta.

     In una levità che può apparire talora di vena fin troppo facile (per quanto bella, come può essere un testo alto per una musica da canzone. Non sono d’altronde della sua area linguistica alcune canzoni tra le più riuscite sul piano poetico-musicale?), il poeta salernitano continua la sua poetica riflessione adagiando i versi nella essenza  - o quella che al poeta appare l’essenza contenuta in quel segmento – dell’assenza di “un perché”, mentre si fa avanti la costanza dell’accettazione del “così è”.

     La rastremazione della lingua giunge ed immette nella rarefazione delle occasioni di vita: sono così sottili e impalpabili che alla fine si avverte fino il filo non su cui si cammina ma, appunto, cui sono appese rare le felicità e le più fitte evanescenze.

     Se, avere “scoperto” tutto ciò, sia sapienza o buon senso di fronte alla realtà dell’esistenza, lo potrà stabilire il lettore tratto a snidarsi come essere vivente e a snodare come grani di rosario il cielinferno della vita: <<Felicità, / pe’ t’afferrà, / quanno ‘e veni / me faje ‘a surpresa, / sti bbracce, tutt’ ‘e ddoje, / già tengo aperte e stese. // Pe’ tte ca passe / e fuje veloce, / me songo fatto / a forma ‘e croce.>>

                                                                   Maria Lenti

 

Uscito nel sito www.mariomastrangelo.it