Rinaldo  Caddeo

Recensione a:   Maria Lenti,

Passi variati, Edizioni Tracce, Pescara, 2003

 

Tre racconti che trattano il primo di cinema, il secondo di scuola, il terzo di elezioni politiche. Ne trattano attraverso il filtro della coscienza del narratore, un parlamentare donna, in tre situazioni diverse: il primo una conferenza stampa, il secondo un dibattito sull'educazione scolastica presso una scuola, il terzo una telefonata, a cui segue una serie di incontri, con un elettore non più giovane.

La narrazione è condotta in prima persona, con un ritmo incalzante, sincopato, che segue il corso di uno stream of consciousness dello sguardo, delle emozioni, delle riflessioni che si alternano a dialoghi stringati e incisivi. Tre racconti testimonianza di un vissuto ma anche narrazione con gli ingredienti e la forma della fiction. Una cronaca appassionata e appassionante del proprio esserci con gli altri e con se stessi. Uno sguardo sul mondo che mette in gioco le idee, l'azione, i progetti non prima o contro ma davanti e insieme agli altri. Un linguaggio diretto, vicino al parlato di tutti i giorni, carico, ma con discrezione, di espressioni colloquiali. Un situarsi e un farsi della lotta politica umani, con le persone, che ridà alla definizione aristotelica dell'uomo come animale politico di nuovo un senso e un nuovo senso. Quanto è lontana questa realtà da quella che ci appare tutti i dì, soprattutto grazie alla televisione, della politica come feroce guerra di posizione, mercato della persuasione, spot, resa dei conti (e talora ring dell'insulto), tiro alla fune ideologica, prevedibile, dove le parole non vogliono dire quello che dicono.

Maria Lenti, con questo suo agile, essenziale volume, non ci restituisce soltanto un'immagine diversa della politica, più educata, più sensata, più comprensibile e umana, ma riesce a costruire tre storie in cui emergono dei personaggi vivi, in carne e ossa. In particolare mi riferisco a Serafina Raggini del secondo racconto, Più uno, e a Lucilio, protagonista del terzo racconto, Onorevole, io voto per lei. Personaggio antagonista della voce narrante Serafina Raggini, (fredda, assertiva e determinata quanto il soggetto narrante si sente appassionato e pervaso di domande, dubbi e patemi), incarna la nuova figura professionale del dirigente scolastico, portavoce dell'aziendalizzazione della scuola che sta trasformando gli studenti da utenti di un servizio pubblico a clienti da adescare con offerte allettanti e alla moda nel mercato dell'educazione.

Metamorfosi linguistica della scuola italiana dove "il bidello si chiama operatore scolastico, il preside o il direttore, dirigente scolastico, gli studenti avranno debiti e crediti formativi, (obiettivo: successo formativo. In soffitta bocciatura e promozione), il piano di studi si chiama P.O.F., piano dell'offerta formativa… No, p.o.f., ma P.O.F. o POF." (Maria Lenti, Passi variati, pag.21). Metamorfosi antropologica che risponde alla richiesta di "giovani pronti subito, finita la scuola, per un lavoro in banca, negli uffici, nelle fabbriche; pronti a farsi anche imprenditori in proprio sulle regole del capitalismo, […] apprendisti che imparino, oltre al lavoro, il meccanismo della produttività aziendale e che sappiano acquisire anche le tecniche e i metodi per soddisfare i clienti" (idem, pag.26) e così via, tutto e tutti all'insegna della parola magica della new-economy (aimé, di recente precipitata nel buco nero di una crisi come è già capitato alla old-economy e a tutte le economy di questo mondo da quando esiste il capitalismo): la flessibilità. A questo progetto la voce narrante dell'autrice contrappone una scuola che cambia senza adeguarsi pedissequamente alle volubili richieste del mercato, una scuola che non estirpa la parola e la prassi dello studio: "Lo studio per progettare altro, nel lavoro e nel contesto sociale? Lo studio semplicemente valido in sé? Se ne parla poco, davvero poco, nelle migliaia di parole tutte con l'impronta del successo formativo" (idem, pag.23).

Lucilio, invece, è godibilissimo personaggio che si scopre gradualmente, dopo l'iniziale mistero da film giallo di un messaggio anonimo, con voce affannata, nella segreteria telefonica. E' un signore di novant'anni in pensione che vorrebbe incontrare e che poi incontra la protagonista. Non intendo svelare tutti gli elementi dell'intrigo al lettore. E' un racconto appassionato come gli altri due ma anche dotato di una nuova vena di malinconia che fa i conti non solo con il presente della politica ma anche con il passato.

 

rinaldo caddeo