SU LUCE DA HAKEPA DI GIUSI VERBARO
In: ARIA - Storia di un simbolo tra vita e letteratura - a cura di Guido Garufi e Antonio Santori - 2001
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dal saggio di M. Lenti: ……… In tali anfratti, in queste pieghe ed anonimie Giusi Verbaro sente anche i "ritmi misteriosi" e i "cicli di rinascite / più complessi ed oscuri di ogni umana / misura". Se qui possa entrare la personificazione di un dio o di Dio, il testo non dice ed io non saprei dire, ma può ben entrare il senso di una religione dell'uomo e il senso nascosto, sotterraneo, del viaggio che tutti ci tocca in sorte e di un viaggio cui ciascuno è intimamente, umanamente legato: Ulisse nostro malgrado o per scelta o per il sentimento di un andare camminando e facendo e non interrompendo, nelle profondità non sempre riconosciute e "obbedite", cicli tanto vitali quanto indeterminabili. Una parte non di poco conto né di scarsa valenza l'hanno i sogni, da cui si possono irradiare fili di luce, la speranza, la coscienza del limite. Perché, se è vero che tutto abbiamo perduto e molto per nostra responsabilità, è vero altresì che il senso di onnipotenza, individuale e collettiva, ha creato disastri. Il senso del limite - introiettato e arbitro nella coscienza -, invece, imporrebbe il senso di un fare per progetti, per tappe, gradino per gradino, ora per ora, senza stravolgere né il mistero che, in ogni caso nel viaggio, ci avvolge e ci definisce, né le nostre esistenze nella storia che, sprecata e dilapidata, l'onnipotenza ci ha sottratto, rubato e nemmeno in modo proditorio essendo noi consenzienti se non complici, restituendocela come rovina e impossibilità di ricomposizione, spesso negazione di ricominciamento. (Che altro è la parola storia variamente diffusa in Luce da Hakepa?). ... ... ...
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