Maria Lenti, Versi alfabetici

Prefazione di Gualtiero De Santi

Urbino, Quattroventi, 2004, pp. 112, euro 9.00

 

Quella di Maria Lenti è poesia della parola, del tentativo di presentare la parola stessa in tutti i suoi contenuti semantici, che culmina nella sfida per il lettore ad addentrarsi  nei significati ulteriori che, come la poetessa ben sa, ci saranno sempre. Poesia aperta quindi, che sceglie la via apparentemente più facile, ma di gran lunga più difficile, perché non si esaurisce nel far affiorare dall’intimo, dal recondito, immagini più o meno definite, ma cerca, aggredendo il vocabolo da tutti i lati, di non privilegiare nessuna interpretazione pur essendo ancorata alla cronaca come in Capocomico 2001, Signora 2000, Polso 2002.

Della poesia non viene nemmeno trascurato l’aspetto visivo, dello spazio sul foglio. Qui, a parer mio, si avverte l’amore  per la parola, per il suo senso, per il suo doppio senso e, insomma e per dirla in termini matematici, per il senso elevato all’ennesima potenza. Il verso in molti casi non è semplicemente scritto ma adagiato graficamente sulla carta che lo contiene. L’autrice sembra così assegnare un preciso ruolo anche a tutti gli strumenti dello scrivere, facendoci sentire quasi all’interno di una bottega artigianale e d’arte. Vedasi le quattro poesie Carta, Notula, Matita e Bulino. In quest’ultimo componimento la parola si fa quanto mai segno: vi si può vedere disegnata la punta del bulino stesso o forme diverse, geometriche o simboliche del vivere, del pensare.

Non si può tacere, l’autrice ne parla nelle note al testo, della presenza di cantilene, litanie, filastrocche, richiamo alle radici, al mondo giovanile , dal quale Maria Lenti non si è mai staccata, alla funzione didattica di Versi alfabetici e della materia ordinata come un vocabolario. Per esempio, nelle due poesie dal titolo Blu è indicata l’amara conclusione in cui una delle  massime espressioni della bellezza della natura e dell’arte, come è appunto il colore blu che richiama mari, cieli, aria, il colore dei manti della Madonna, il blu che annunzia l’arrivo del mese di maggio, sia adoperato, appunto blu cobalto e nome blue, per una delle più potenti armi di distruzione, il bombardiere B52.

Le poesie sembrano non iniziare e non finire, non essendo contenute dalla punteggiatura o bloccate da maiuscole, come limiti che ne ostacolino la libertà assoluta. Si avverte infatti la volontà di tenere, come scrive Gualtiero De Santi nella “Prefazione”, il discorso ed il pensiero sempre aperti.

                                                                                                                               Giancarlo Cecchini