POLITICA
vedi anche:
… apprezzabili le soluzioni “narrative” nei tagli rapidi del montaggio, nel doppio registro del pensiero, nelle scelte linguistiche, e così via … questa prosa, che è quasi un nuovo genere narrativo, un ottimo esperimento in vista di un vero e proprio romanzo (umoristico?) sull’ambiente parlamentare che solo tu puoi scrivere con diletto e distacco …
Neuro Bonifazi
Passi variati
Libretto di Racconti – Edizioni Tracce – Pescara – 2003 – (pp. 64)
Acquaforte originale allegata 12 x 20 (in 100 copie numerate) e Illustrazione di copertina di Vincenzo Tiboni.
Prefazione di Maria Celeste Nardini.
NOTA DI COPERTINA:
L’autrice, in questi racconti, offre una scrittura asciutta ed essenziale, ‘spuntata’ dal suo lavoro parlamentare. Non si tratta, tuttavia, di narrativa apologetica o prettamente politica, ma di occasioni esistenziali in un ambito spesso ignoto al grande pubblico. Una materia, allora, dai contenuti originali, che stile a ricerca letteraria trasformano in testi di notevole interesse, con un punto di vista pressoché inedito. L’Autrice diventa qui una testimone attenta a scrupolosa di eventi ricchi di spessore socio‑politico, the la coscienza a le motivazioni etico‑politiche portano ad approfondire e a indagare.
ALFREDO LUZI
Lettera del 21 giugno 2003
«Mi sono divertito moltissimo a leggere i due primi racconti e un po’ commosso nel leggere il terzo. Ciò che mi ha colpito è stato il tuo saper ricondurre con autoironia la pratica parlamentare ad una condizione di quotidianità e dal punto di vista del linguaggio di “sermo merus” come diceva il poeta…»
NEURO BONIFAZI
Lettera del 7 luglio 2003
«Mi sono divertito molto (sono sincero!) a leggere del tuo palpitare “dietro le quinte” prima di entrare in scena, e poi della tua ironica e appassionata difesa della scuola “astratta” contro i falsi modernismi, e infine di quel tenero e sorprendete personaggio che chiami Lucilio. Ho anche apprezzato, di volta in volta, le soluzioni “narrative” nei tagli rapidi del montaggio, nel doppio registro del pensiero, nelle scelte linguistiche, e così via. Debbo dirti “brava!” per questa prosa, che è quasi un nuovo genere narrativo…, un ottimo esperimento in vista di un vero e proprio romanzo (umoristico?) sull’ambiente parlamentare che solo tu puoi scrivere con diletto e distacco ».
MARIA CELESTE NARDINI
Prefazione
Ho conosciuto Maria Lenti alla Camera dei deputati. Insieme abbiamo vissuto due legislature: l’ultima, dopo la scissione di rifondazione comunista, come vicine di banco in aula. Tante le ore, fatte di scambi di pensieri, di interventi, di votazioni e dibattiti da seguire.
Ho imparato a conoscere Maria dai suoi sorrisi, dai suoi silenzi, dai suoi sbuffi. Ho amato la sua scrittura, semplice e piena: con essa lei dipana i fili intricati della sua vita.
Delicati i tre momenti della vita da parlamentare, vivi e tesi come sono nella realtà.
L’incontro con Maria Lenti è di quelli che segnano, di quelli che ti accarezzano nella vita, soprattutto quando sei in difficoltà, perché Maria saprà sempre trovare la “parola” per darti la chiave dell’uscita.
Vita di onorevole fuori dal coro
Maria Lenti racconta tre storie vere
Con grazia con garbo e con la lucidità necessaria per vedere e capire le cose Maria Lenti narra tre momenti della sua esperienza di parlamentare nel racconto «Teatro e cinema» le lunghe sedute nell’aula di Montecitorio e le fibrillazioni per l’incognita della conferenza stampa; in «Più uno» la cronaca critica della presentazione del POF da parte della preside del liceo. Non stona il velo di ironia utilizzato per descrivere lo scempio della scuola pubblica causato dall’autonomia scolastica e dalla parità con gli istituti privati Nell’ultimo racconto «Onorevole io voto per lei» il protagonista è un novantenne che insegue la donna politica perché proprio da lei vuole la tessera autografa di Rifondazione Comunista. Libro fuori dal coro, la voce sincera e chiara di una testimone del mondo della politica.
Corriere di Padova – Rubrica Racconti – lunedì 27 ottobre 2003
Comunicato stampa sulla presentazione del libro
“PASSI VARIATI” di Maria Lenti
avvenuta il 21 novembre 2003 presso la Biblioteca Comunale di GROTTAMMARE (AP)
con Intervento Critico di Antonella Roncarolo
ed esposizione di sculture dell’artista Vincenzo Tiboni
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Il quotidiano della provincia di Ascoli Piceno: http://www.ilquotidiano.it
Le parole di Maria Lenti
http://www.ilquotidiano.it/articoli/index.cfm?arcodice=10117
GROTTAMMARE – Incontro con la scrittrice alla scuola di scrittura “Moby Dick”
di Giovanni Desideri
Presso la biblioteca di Grottammare (il quarto incontro il 12 dicembre). La lezione è stata tenuta da un ospite d’eccezione: la poetessa Maria Lenti (già deputata per Rifondazione Comunista dal 1994 al 2001, oltre che insegnante di lettere), che ha parlato della sua recente prova narrativa (“Passi variati” – ed. Tracce, Pescara, 2003, pp. 64, 9 €).
Maria Lenti, urbinate, era accompagnata dall’artista suo concittadino Vincenzo Tiboni, che esponeva per l’occasione alcune sue incisioni e sculture in bronzo e in pietra (la foto de “L’angelo”, scultura in pietra esposta, illustra la copertina del libro di Maria Lenti).
La serata è stata presentata da Antonella Roncarolo ed è iniziata con la proiezione di un bel filmato realizzato su Maria Lenti da Lucilio Santoni (coordinatore insieme a Gino Troli della scuola di scrittura) e intitolato “A lungo ragionarne insieme. Un viaggio con Maria Lenti” (2002).
Poi è stata la scrittrice stessa a introdurre gli allievi della scuola, giovani e meno giovani, nei segreti della sua scrittura, come è stato detto “leggera e profonda”, tanto nei versi, che sono risuonati dalla voce dell’autrice durante il filmato, quanto nei tre racconti che compongono il libro recente.
Oggetto di questi ultimi è proprio l’esperienza politica della scrittrice, ma deformata in chiave ironica e colta in frammenti originali, tutti presentati attraverso quella “strategia della parola” a cui Maria Lenti ha invitato gli stessi presenti, attraverso esempi di aggettivazione o di tecniche descrittive impiegate nel libro. E il messaggio è arrivato certamente a destinazione, grazie ad un’insegnante che ha saputo incantare il suo uditorio con la verve e la convinzione derivanti proprio da quei risultati di grande livello già affidati ai suoi scritti.
sabato 22 novembre 2003, ore 01:28
Breve scorcio sul racconto “Onorevole, io voto per lei ” in Passi Variati.
(In grassetto la parte dedotta dal testo):
Una preoccupazione dei parlamentari deriva dalle richieste, talora curiose e assurde, dei cittadini. Anche il solo pensiero di ascoltare la segreteria telefonica mette in agitazione la nostra Autrice.
… Quello che trovo, però, in questo fine-febbraio, al mio rientro a notte fonda, mi impensierisce: una voce – non si capisce bene se affannata o affaticata, se contraffatta o volutamente assottigliata, da film giallo – dice, chiamandomi «onorevole», che vorrebbe parlarmi, urgentemente, e mi lascia un numero di telefono. Subito dopo la stessa voce ritratta e mi intima o dice (non riesco a distinguere bene) di non tener conto della telefonata precedente, di cancellarla anche dalla memoria.
Persone complicate, stravaganti. Non potrebbero riflettere un po’ prima di fare le cose? Disappunto. E un qualche timore, un brivido, a quest’ora, con addosso la stanchezza, nel silenzio altrimenti piacevole della mia casa dopo il rumore e gli umori che succhiano energie dei tre giorni alla Camera dei deputati …
Dopo il primo non facile diretto contatto telefonico, alcune difficoltà impediscono l’incontro dell’Autrice con “Lucilio”, il misterioso cittadino del messaggio telefonico, abitante in un piccolo centro non lontano da Urbino. Poi l’incontro con semplici colloqui dettati dal bisogno reciproco di parlare ed essere ascoltati, di pensare ad un mondo migliore …, nasce un delicato idillio di risonanza universale fra docente e discente, fra persona politica e lavoratore, fra cultura accademica e vetusta saggezza, fra figlia e padre, fra donna e uomo. Nel maggio del 2001, dopo la sconfitta della sinistra, nonostante il commovente suo voto, Lucilio consola la sua Onorevole così:
… «…non se la prenda, onorevole. Io sono qui, sempre. A giugno, qui, c’è il cielo celeste e il vento sul fiume. Pensi che la banda musicale c’ha fatto sopra una canzone, come una poesia. L’aspetto. Andremo a vedere il posto dove stava quella mia parente».
Tenero Lucilio, dolce, che, sui suoi novant’anni, vuol portare al fiume questa ragazza di sessanta …
GROTTAMMARE (AP)
Biblioteca Comunale21 novembre 2003 ore 21
Presentazione di “PASSI VARIATI” di Maria Lenti
Intervento Critico di Antonella Roncarolo
Vincenzo Tiboni espone Sculture e Grafiche
RINALDO CADDEO
Recensione a: Maria Lenti,
Passi variati, Edizioni Tracce, Pescara, 2003
Tre racconti che trattano il primo di cinema, il secondo di scuola, il terzo di elezioni politiche. Ne trattano attraverso il filtro della coscienza del narratore, un parlamentare donna, in tre situazioni diverse: il primo una conferenza stampa, il secondo un dibattito sull’educazione scolastica presso una scuola, il terzo una telefonata, a cui segue una serie di incontri, con un elettore non più giovane.
La narrazione è condotta in prima persona, con un ritmo incalzante, sincopato, che segue il corso di uno stream of consciousness dello sguardo, delle emozioni, delle riflessioni che si alternano a dialoghi stringati e incisivi. Tre racconti testimonianza di un vissuto ma anche narrazione con gli ingredienti e la forma della fiction. Una cronaca appassionata e appassionante del proprio esserci con gli altri e con se stessi. Uno sguardo sul mondo che mette in gioco le idee, l’azione, i progetti non prima o contro ma davanti e insieme agli altri. Un linguaggio diretto, vicino al parlato di tutti i giorni, carico, ma con discrezione, di espressioni colloquiali. Un situarsi e un farsi della lotta politica umani, con le persone, che ridà alla definizione aristotelica dell’uomo come animale politico di nuovo un senso e un nuovo senso. Quanto è lontana questa realtà da quella che ci appare tutti i dì, soprattutto grazie alla televisione, della politica come feroce guerra di posizione, mercato della persuasione, spot, resa dei conti (e talora ring dell’insulto), tiro alla fune ideologica, prevedibile, dove le parole non vogliono dire quello che dicono.
Maria Lenti, con questo suo agile, essenziale volume, non ci restituisce soltanto un’immagine diversa della politica, più educata, più sensata, più comprensibile e umana, ma riesce a costruire tre storie in cui emergono dei personaggi vivi, in carne e ossa. In particolare mi riferisco a Serafina Raggini del secondo racconto, Più uno, e a Lucilio, protagonista del terzo racconto, Onorevole, io voto per lei. Personaggio antagonista della voce narrante Serafina Raggini, (fredda, assertiva e determinata quanto il soggetto narrante si sente appassionato e pervaso di domande, dubbi e patemi), incarna la nuova figura professionale del dirigente scolastico, portavoce dell’aziendalizzazione della scuola che sta trasformando gli studenti da utenti di un servizio pubblico a clienti da adescare con offerte allettanti e alla moda nel mercato dell’educazione.
Metamorfosi linguistica della scuola italiana dove “il bidello si chiama operatore scolastico, il preside o il direttore, dirigente scolastico, gli studenti avranno debiti e crediti formativi, (obiettivo: successo formativo. In soffitta bocciatura e promozione), il piano di studi si chiama P.O.F., piano dell’offerta formativa… No, p.o.f., ma P.O.F. o POF.” (Maria Lenti, Passi variati, pag.21). Metamorfosi antropologica che risponde alla richiesta di “giovani pronti subito, finita la scuola, per un lavoro in banca, negli uffici, nelle fabbriche; pronti a farsi anche imprenditori in proprio sulle regole del capitalismo, […] apprendisti che imparino, oltre al lavoro, il meccanismo della produttività aziendale e che sappiano acquisire anche le tecniche e i metodi per soddisfare i clienti” (idem, pag.26) e così via, tutto e tutti all’insegna della parola magica della new-economy (aimé, di recente precipitata nel buco nero di una crisi come è già capitato alla old-economy e a tutte le economy di questo mondo da quando esiste il capitalismo): la flessibilità. A questo progetto la voce narrante dell’autrice contrappone una scuola che cambia senza adeguarsi pedissequamente alle volubili richieste del mercato, una scuola che non estirpa la parola e la prassi dello studio: “Lo studio per progettare altro, nel lavoro e nel contesto sociale? Lo studio semplicemente valido in sé? Se ne parla poco, davvero poco, nelle migliaia di parole tutte con l’impronta del successo formativo” (idem, pag.23).
Lucilio, invece, è godibilissimo personaggio che si scopre gradualmente, dopo l’iniziale mistero da film giallo di un messaggio anonimo, con voce affannata, nella segreteria telefonica. E’ un signore di novant’anni in pensione che vorrebbe incontrare e che poi incontra la protagonista. Non intendo svelare tutti gli elementi dell’intrigo al lettore. E’ un racconto appassionato come gli altri due ma anche dotato di una nuova vena di malinconia che fa i conti non solo con il presente della politica ma anche con il passato.
Rinaldo Caddeo
DANILO MANDOLINI
I giorni da vivere in più e meglio
Recensione su Passi variati di Maria Lenti
Pubblicato su “il grande vetro” – anno XXVIII – n. 170 – marzo-aprile 2004
In Parole a un pubblico immaginario Alfonso Gatto disse che la poesia appartiene a chi non si difende. In un tempo come quello dei giorni di oggi – un tempo in cui per essere attori della società civile sembra assolutamente necessario votarsi alla competizione, al calcolo e all’opportunismo – rinunciare a difendersi e forsanche ad aggredire appare come un lusso che pochi, e per poco tempo, possono permettersi. Forse é per quanto si è appena teorizzato che la poesia, in questi anni, si mostra più impegnata a sopravvive che a vivere.
Narrare, come spesso fa la poesia, dell’uomo alle prese con le sue paure ed i suoi dubbi di sempre (con le inspiegabili “foschie” del suo universo interiore) è un’attività, una disposizione che, oggi più che ieri, rimanda a comportamenti comunemente percepiti come negativi; a comportamenti quali, ad esempio, l’eccessiva trasparenza nell’esprimere le opinioni e, appunto, la rinuncia alla difesa. Parlare apertamente e con trasporto delle proprie passioni è probabilmente un altro di quegli atteggiamenti che, all’alba del terzo millennio e seguendo il freddo criterio di catalogazione ormai condiviso dai più, può essere annoverato tra i più prossimi ai concetti di “eccessiva trasparenza” e “rinuncia alla difesa” in precedenza espressi; più vicini a quello che molti definirebbero un approccio poetico (nostalgicamente anacronistico) alla vita.
Dando voce, di contro, a chi della frequentazione della poesia non riesce ancora a fare a meno, si dovrebbero usare parole diverse; si dovrebbe forse affermare: resistere, resistere, resistere, anche passivamente, per tornare ad accettare l’idea che gli uomini, semplicemente, passano nella vita, lungo tutta la vita, senza appropriarsi di questa (ancora Alfonso Gatto delle Parole a un pubblico immaginario).
Passi variati di Maria lenti (Edizioni Tracce, Pescara, 2003, pagg. 64, 9,00 €) è un libro che racconta, con passione, delle passioni dell’autrice; è un libro immerso nella poesia e da questa costantemente attraversato e sostenuto. Anche se si tratta di un’agile raccolta di tre racconti brevi, si ritrovano infatti, in questo volume (oltre alla grande apertura all’interiorità del mondo umano tipica della poesia e alla quale si è già accennato), tutte quelle lievi fascinazioni, quelle formidabili sorprese che avvolgono il lettore quando quest’ultimo, leggendo versi di valore, vede come materializzarsi la sublimazione di quei minimi momenti della vita che la memoria tende a non registrare.
La passione che viene raccontata ed esaltata lungo tutta l’opera, che da questa è pervasa (fino alle “Note” finali che contestualizzano abilmente gli eventi narrati e le evoluzioni di questi), è quella per la politica, per la vita politica partecipata attivamente attraverso l’esperienza di parlamentare nel corso di due legislature. Esprimersi in termini di “vita politica” e non soltanto e generalmente di “politica”, sottintende (per chi scrive queste righe e, si può essere certi, anche per Maria Lenti) la necessità di accettare un importante onere: il peso ed il rischio della conduzione di azioni che portano a risultati concreti; che portano a “lavorare e progettare il mondo”, come dice l’autrice, “per giorni da vivere in più e meglio, da vivere per noi…”.
Nel primo dei tre testi, in particolare – quello dal titolo “Teatro e cinema”, si incontra proprio la narrazione della visione di cui si è appena detto. La preparazione frenetica di una conferenza stampa per la presentazione di una proposta di Rifondazione Comunista sul cinema in Italia (quella per il cinema è un’altra grande passione della Lenti) è il pretesto per raccontare, con una scrittura doviziosa di particolari, densa ed incalzante, della tensione proattiva che dovrebbe essere il minimo comune denominatore di tutti coloro che si dedicano all’impegno politico.
In “Più uno”, invece, protagonista del racconto è la scuola, l’istituzione nella quale l’autrice ha lavorato e lavora (ancora una volta con passione) come insegnante di letteratura nelle medie superiori. Il confronto pubblico nel quale si difende e si critica (posizione della Lenti) la riforma Berlinguer, è l’occasione per fare del testo, in vari passaggi, quasi un saggio su come dovrebbe essere la scuola del futuro. Una scuola non solo al passo con i tempi, ma anche in grado di porsi e porre domande che rompano gli schemi ormai inviolabili della corsa al benessere e allo sviluppo economico; una scuola non solo capace, ad esempio, di aprirsi all’educazione stradale, ma di interrogarsi anche e soprattutto sul “perché di tante macchine, se siano inevitabili la loro “esistenza” e circolazione, se un altro tipo di trasporto sia possibile, magari solo pensabile”. Tutto questo, in ogni caso, a tutela dello studente; a tutela di quell’irrinunciabile “senso di un “oltre” rispetto a quel che”, sempre lui, lo studente, “sta studiando ed imparando” e che lo attende, inevitabilmente, nella vita di tutti i giorni.
In “Onorevole, io voto per lei”, infine, ci si trova improvvisamente di fronte alla politica vissuta nell’ambito dei rapporti interpersonali. Lucilio, che a novant’anni contatta l’autrice per ottenere la tessera del PRC, incarna in qualche modo la dolce ricompensa per chi concorre alla progettazione del “mondo per giorni da vivere in più e meglio”, di cui si è già trattato. In altre parole, Lucilio incarna (amplificandola proprio perché non più giovane) la speranza di poter vedere, un giorno, un mondo migliore, un mondo realmente costruito a misura di noi uomini e nel rispetto dell’ambiente che ci ospita.
Maria Lenti, Passi variati, Edizioni Tracce, Pescara, 2003, pagg. 64, 9,00 €.
I passi variati di Maria Lenti
Cos’è una personalità originale? L’effetto di spinte contrastanti, di facce che si tagliano a vicenda oppure riflettono una luce, spandendola al di fuori. E’ ciò che accade nei tre racconti di Maria Lenti, in Passi variati (Tracce, 2003), ispirati al suo lavoro parlamentare, nei quali non soltanto ansie personali e progetti di riforma interagiscono, ma anche il governo letterario e gli imprevisti del parlato si pungolano a vicenda. Una fantasia, uno scherzo poetico, uno scarto arguto dalla comunicazione normalizzata, aprono varchi nel mezzo di un’assemblea o di una polemica. La scena del primo racconto, Teatro e cinema, è piuttosto un retroscena, giacché si prepara una conferenza stampa per presentare la proposta del Prc sul cinema italiano. Avvisi alla vigilanza, incastri degli orari, solleciti ai media: tutta una palpitazione organizzativa dentro cui lampeggia un desiderio di piaceri elementari: il film goduto da ragazza o l’anguria assaporata in libertà.
I frammenti personali scattano a sorpresa, non svalutando però, semmai rigenerando, il senso del fare politica con sodali e oppositori. E’ quanto accade in Più uno, in cui la Lenti, narrante sempre in prima persona, si confronta, in un dibattito pubblico sulla scuola, con una preside votata al credo manageriale. Mentre la preside si entusiasma al progetto di riforma Moratti, l’autrice le oppone lo studio critico, la formazione civica, cerca di far percepire “il valore lungo di quel che i giovani imparano a scuola”. E’ l’educazione al dubbio e alle scabrosità del reale che, di fronte all’efficienza aziendale e all’energia invidiabile della preside, finisce per sembrare antiquata, pur essendo seme del futuro. Ma il succo che se ne trae è che i pensieri e i moti del cuore vanno messi in gioco comunque nell’agone sociale.
E’ forse questo il tratto tipico, non solo delle tre storie di Passi variati, ma di tutta la ricerca poetica e critica, della vita da insegnante e deputata (dal 1994 al 2001), di Maria Lenti: mentre afferma la sua personalità, fatta di ragione morale come di rossori e impeti, lei rilancia insieme la personalità dell’interlocutore, scatta contro un’ingiustizia e insieme accoglie i diritti esistenziali dell’altro. Come si vede nell’ultimo racconto, intriso di humour affettivo, “Onorevole, io voto per lei”, in cui l’autrice racconta l’amicizia tra due persone libere: un novantenne che chiede la tessera e lei stessa. L’anziano signore, che stima la deputata ma non rinuncia a nessuna delle sue idee, ha una sincerità spregiudicata e una freschezza di modi da ragazzo, né recede dal corteggiare la donna e darle consigli matrimoniali. Ne nasce, attraverso i dialoghi resi con evidenza, nei frequenti scambi tra il colto e il popolare, un’amicizia che sconcerta i luoghi comuni e le convenzioni anagrafiche. E resta come exemplum di un incontro tra le persone, non già nonostante, ma attraverso, la differenza di sesso, di età e di storia: acrobatica e semplice messa in atto di una società futura.
Enrico Capodaglio
Maria Lenti, Passi variati, Edizioni Tracce, Pescara, 2003, pagg. 64, 9,00 €.
MASSIMO FABRIZI
Lettera (e-mail) del 2 luglio 2004
Ho ricevuto e letto Passi variati, ed è proprio un bel volume. Non appena visto l’indice, mi sono innanzitutto tuffato nella lettura di Più uno. Non ho potuto fare a meno di identificarmi, di rispecchiarmi e di ritrovare, nella prosa dolcemente poetica da cui trasuda passione e nostalgia – ma anche tutto l’amore per un lavoro al quale si è dedicata la propria vita -, una lucidissima analisi del processo di sfascio a cui è stata sottoposta la scuola. Le radici del declino scolastico, che poi è declino di tutta una società e dei suoi valori più profondi, nascono proprio lì. Da precario, costretto anche quest’anno a rimanere col fiato sospeso sino ad agosto, bistrattato e in attesa di un’assunzione in ruolo che forse non arriverà, non posso non sentire, mentre scorro queste pagine, un nodo alla gola e al tempo stesso pensare, però, che per fortuna ci sono persone come lei (te …) che oppongono a questa lucida follia distruttrice i lumi della ragione e del proprio pensiero. Finché sarà così, varrà la pena lottare. Grazie, dunque! Grazie di cuore!
Massimo Fabrizi
MARIA LAURA ERCOLANI
in “Il nuovo amico” – 18 luglio 2004
Le poesie di Maria Lenti
La complessità della vita
Urbino – “Quello del parlamentare è un lavoro serio e impegnativo … ma ciò non vuol dire che non si possa guardarlo con distacco e farci su dell’ironia … “
Così ha esordito Maria Lenti presentando agli studenti dell’ UNILIT di Urbino il suo ultimo libro PASSI VARIATI, edito nel 2003 dalle Edizioni Tracce di Pescara. Leggera ironia e delicato umorismo sono gli atteggiamenti che contraddistinguono i tre brani che il libro contiene nei quali la Lenti ricorda e sintetizza quella straordinaria fase della sua vita. Non si tratta propriamente di racconti, piuttosto di episodi relativi a momenti forse minori, ma non meno significativi della vita par lamentare; non di quella dell’aula, dunque, ma di quella dietro le quinte, non meno seria quanto ai contenuti e non meno impegnativa per le regole e i regolamenti, i tempi e i divieti da rispettare che rendono il palazzo del potere un poco surreale.
Protagonista degli episodi è sempre Maria Lenti che non ride dei colleghi, ma solo di sé vedendosi “straniata” rispetto alle situazioni e dando conto essa stessa – rivelando i propri pensieri del suo essere un poco fuori dalle righe. Ride di sé “un poco” dato l’impegno e la volontà di far bene il proprio lavoro, e con affetto, segno della raggiunta armonia con se stessa.
Con abilità e padronanza dei mezzi tecnici della scrittura la Lenti procede, nel suo raccontarsi, su tre livelli: quello del narratore-regista che vede la scena dall’alto, quello del protagonista che si muove sulla scena e interagisce con l’ambiente, quello dell’io più profondo del protagonista che dentro di sé commenta, dissente, divaga. E i tre piani del racconto si intrecciano e si distinguono per l’uso efficace della punteggiatura con cui la Lenti ottiene chiaroscuri a variazioni di tono simili alle varie tonalità di grigio in un film in bianco e nero.
I tre brani hanno in comune il carattere dialogico, ma sono diversi per l’ambiente e la tipologia della situazione poiché l’obiettivo è puntato su momenti diversi ed “esemplari”, si potrebbe dire, della giornata di un onorevole: la concitazione e l’attesa nervosa che precedono una conferenza stampa sul cinema; la passione e la tensione ideologica di un pubblico dibattito a fianco di una collega dell’opposizione sulla riforma della scuola, il curioso rapporto con un elettore d’eccezione.
Ne vien fuori uno spaccato di vita politica, ma, soprattutto, com’è giusto, una autobiografia della Lenti: l’amore per il cinema coltivato fin dall’adolescenza; l’ideologia vissuta come passione e impegno, attraverso l’insegnamento, per migliorare la società; l’umana simpatia per la gente.
Maria Laura Ercolani
Interventi sulla scuola - Rifondiamo l'Università
“Ricercando il sapere” di Maria Lenti
Data: Lunedì, luglio 07 @ 13:50:02 CEST
Argomento: scuola & università
Anni di riforme fallimentari minano il mondo universitario
da Liberazione 4/7/2003
Università, risorsa del Paese: chi non è d’accordo? Lo sono tutti quegli organismi (e istituzioni) che con l’università hanno a che fare. A cominciare dal governo. Ma quale università e per quale futuro? Quale ricerca e con quali docenti? Con quali finanziamenti? Sono interrogativi (in piedi fin dai tempi di Ruberti e, a seguire, di Berlinguer e di Zecchino), che tornano puntualmente quando si ha a che fare con provvedimenti (per esempio il decreto ministeriale 105, ora al Senato, in cui si autorizzano anche le università telematiche) che aprono a nuove figure di ricercatori togliendo la cifra necessaria ai fondi per l’incentivazione della didattica e della ricerca: togliendola cioè a docenti da anni nell’università senza stato giuridico e riconoscimento del loro ruolo di docenti. L’università vive dentro riforme (mai condivise da Rifondazione Comunista) mal attuate, parzialmente attuate o, alla prova dei fatti, fallimentari anche sui fuoricorso che il 3+2 prevedeva in estinzione. Dall’ultima finanziaria le difficoltà si sono accentuate. Via via più magri e incerti i finanziamenti del governo. Mica per una dimenticanza o, semplicemente (si fa per dire: e le guerre?), per le casse vuote. Le dimissioni dei rettori, pur rientrate, avevano fatto scalpore. Così come le richieste dei ricercatori del Cnr e quelle delle associazioni dei docenti, sostenute e fatte proprie anche in Parlamento da Rifondazione Comunista. Anche recentemente le varie voci si sono rialzate, in due iniziative pubbliche a Roma, di differente tenore ma entrambe di forte impatto: Adu, Andu, Apu, sindacati di categoria della Cisl, Cgil, Uil, Snals, con alcuni parlamentari all’ex Hotel Bologna, e Conferenza dei rettori e Cun con il ministro Moratti all’Università Roma Tre. Le lauree e i corsi specialistici, così specialistici da aver raggiunto cifre con tre zeri (8.000, forse più), hanno ulteriormente precarizzato la docenza, hanno allargato la maglia della flessibilizzazione, hanno incentivato la fluidità non certo la stabilità (si ritiene che la ricerca debba essere a termine? Incisivo l’intervento di un dottorando, Augusto Pastorini, alla giornata della Crui). Il centrodestra – lo ha ribadito coram populo il ministro – punta sui finanziamenti dei privati chiedendo (o imponendo: se i fondi non arrivano…) di legare la ricerca a brevetti e ad applicazioni spendibili sul mercato. L’università si colleghi con l’industria (di spin-off e shop list non pochi ordinari sono del tutto convinti), italiana ed europea e della globalizzazione: si aggancia così allo sviluppo, lo determina, ne trae profitto. Nel filo tirato tra università e industria-società manca l’aria. Il fine di questa ricerca punta bello diritto su un obiettivo foraggiato da un consumismo vorace che continuerebbe la sottrazione di vita alla terra e ai suoi abitanti. Anche se si ricerca per la qualità della vita. Perché, se la qualità della vita è già fortemente in deficit proprio per il modello capitalistico e di mercato, che vive della necessità di produrre riproducendosi, di quale qualità si può parlare? Appunto, allora: risorse, fondi, finanziamenti, cambiamenti di leggi (reale autonomia, non quella odierna così sbandierata e così micragnosa negli spazi di agibilità); stabilità non precarietà, anche per la ricerca di base non solo per la ricerca applicata. Lo chiedono i docenti e i ricercatori, i dottorandi, gli studenti pressati da appelli mensili e stretti nella morsa dei crediti. Che il futuro sia dei giovani – come alcuni dirigenti, pubblici o privati, sostengono – è uno specchietto che non illude. I giovani sono per costoro (nell’Italia del centrodestra e nell’Europa di Maastricht) la forza che deve, con il proprio lavoro e ricerca e vita, reggere il peso di questa società e di questo mondo così come i poteri dell’economia di mercato li hanno voluti e li stanno propinando. Giovani in obbedienza esecutiva, insomma, spinti a correre magari su incarichi a termine, messi in antagonismo con chi nell’università insegna e ricerca da anni (canale non percorribile, nemmeno per la Crui, che chiede che i ricercatori – circa 20.000 – da vari decenni nell’università abbiano risolto il loro status). Non ricercatori come forza viva – dottorandi, docenti, studenti – di una università che può ripensare presente e futuro della società e della vita. Di quell’università, per esempio, che è stata protagonista nel forum di Firenze 2002.
Questo Articolo proviene da “Rifondazione Pescara”
Ricercando il sapere
Anni di riforme fallimentari minano il mondo universitario
Maria Lenti
in «Liberazione» – 4 luglio 2003
Università, risorsa del Paese: chi non è d’accordo? Lo sono tutti quegli organismi (e istituzioni) che con l’università hanno a che fare. A cominciare dal governo. Ma quale università e per quale futuro? Quale ricerca e con quali docenti? Con quali finanziamenti?
Sono interrogativi (in piedi fin dai tempi di Ruberti e, a seguire, di Berlinguer e di Zecchino), che tornano puntualmente quando si ha a che fare con provvedimenti (per esempio il decreto ministeriale 105, ora al Senato, in cui si autorizzano anche le università telematiche) che aprono a nuove figure di ricercatori togliendo la cifra necessaria ai fondi per l’incentivazione della didattica e della ricerca: togliendola cioè a docenti da anni nell’università senza stato giuridico e riconoscimento del loro ruolo di docenti.
L’università vive dentro riforme (mai condivise da Rifondazione Comunista) mal attuate, parzialmente attuate o, alla prova dei fatti, fallimentari anche sui fuoricorso che il 3+2 prevedeva in estinzione. Dall’ultima finanziaria le difficoltà si sono accentuate. Via via più magri e incerti i finanziamenti del governo. Mica per una dimenticanza o, semplicemente (si fa per dire: e le guerre?), per le casse vuote. Le dimissioni dei rettori, pur rientrate, avevano fatto scalpore. Così come le richieste dei ricercatori del CNR e quelle delle associazioni dei docenti, sostenute e fatte proprie anche in Parlamento da Rifondazione Comunista.
Anche recentemente le varie voci si sono rialzate, in due iniziative pubbliche a Roma, di differente tenore ma entrambe di forte impatto: Adu, Andu, Apu, sindacati di categoria della Cisl, Cgil, Uil, Snals, con alcuni parlamentari all’ex Hotel Bologna, e Conferenza dei rettori e CUN con il ministro Moratti all’Università Roma Tre.
Le lauree e i corsi specialistici, così specialistici da aver raggiunto cifre con tre zeri (8.000, forse più), hanno ulteriormente precarizzato la docenza, hanno allargato la maglia della flessibilizzazione, hanno incentivato la fluidità non certo la stabilità (si ritiene che la ricerca debba essere a termine? Incisivo l’intervento di un dottorando, Augusto Pastorini, alla giornata della Crui).
Il centrodestra – lo ha ribadito coram populo il ministro – punta sui finanziamenti dei privati chiedendo (o imponendo: se i fondi non arrivano …) di legare la ricerca a brevetti e ad applicazioni spendibili sul mercato. L’università si colleghi con l’industria (di spin-off e shop list non pochi ordinari sono del tutto convinti), italiana ed europea e della globalizzazione: si aggancia così allo sviluppo, lo determina, ne trae profitto.
Nel filo tirato tra università e industria-società manca l’aria. Il fine di questa ricerca punta bello diritto su un obiettivo foraggiato da un consumismo vorace che continuerebbe la sottrazione di vita alla terra e ai suoi abitanti. Anche se si ricerca per la qualità della vita. Perché, se la qualità della vita è già fortemente in deficit proprio per il modello capitalistico e di mercato, che vive della necessità di produrre riproducendosi, di quale qualità si può parlare?
Appunto, allora: risorse, fondi, finanziamenti, cambiamenti di leggi (reale autonomia, non quella odierna così sbandierata e così micragnosa negli spazi di agibilità); stabilità non precarietà, anche per la ricerca di base non solo per la ricerca applicata. Lo chiedono i docenti e i ricercatori, i dottorandi, gli studenti pressati da appelli mensili e stretti nella morsa dei crediti.
Che il futuro sia dei giovani – come alcuni dirigenti, pubblici o privati, sostengono – è uno specchietto che non illude. I giovani sono per costoro (nell’Italia del centrodestra e nell’Europa di Maastricht) la forza che deve, con il proprio lavoro e ricerca e vita, reggere il peso di questa società e di questo mondo così come i poteri dell’economia di mercato li hanno voluti e li stanno propinando. Giovani in obbedienza esecutiva, insomma, spinti a correre magari su incarichi a termine, messi in antagonismo con chi nell’università insegna e ricerca da anni (canale non percorribile, nemmeno per la Crui, che chiede che i ricercatori – circa 20.000 – da vari decenni nell’università abbiano risolto il loro status). Non ricercatori come forza viva – dottorandi, docenti, studenti – di una università che può ripensare presente e futuro della società e della vita. Di quell’università, per esempio, che è stata protagonista nel forum di Firenze 2002
No alla controriforma
Riordino dei cicli scolastici
di Maria Lenti
in «RifondaMarche» – anno II – 3 novembre-dicembre 2000
Riordino dei cicli? No, grazie. È la posizione del Prc, che alla Camera aveva presentato una relazione di minoranza con un proprio progetto, ma anche di esperti, di molti insegnanti, dei sindacati di base, della Cisl. Il comitato per la scuola della repubblica non lo condivide. Al Tar del Lazio vi è un ricorso per “incostituzionalità”. Il riordino riduce l’obbligo attuale di un anno e, quindi, taglierà 70.000 docenti: elementari o medi?; prevede un biennio non unico (privati e scuole professionali cattoliche sono in attesa !); istituzionalizza la scuola “di classe”: triennio di istruzione o di formazione professionale o di apprendistato.
Insomma differenze, per legge, tra uguali e occhio slungato, con i soldi dello stato, nelle fabbriche, dove ragazzi e ragazze impareranno un lavoro e un mestiere. Una divisione a priori tra chi può e chi non può. I “pierini” si istruiranno magari fino all’università per la futura classe dirigente; altri giovani della stessa età andranno a lavorare, da subito. La scelta -chi può negarlo? – la faranno la provenienza, il luogo di residenza, lo status della famiglia, le condizioni economiche, il sesso magari, ecc. Se questa è una conquista … trentatré anni dopo “Lettera a una professoressa” e quasi quaranta dopo la scuola media obbligatoria per tutti ! Né valgono, a dire la bontà di una “riforma” voluta da un governo e da una maggioranza di centrosinistra, i clamori elettoralistici del polo delle libertà. Il centrodestra, infatti, al momento del voto, è uscito dall’aula perché aveva ottenuto il massimo regalo: l’apprendistato e la formazione professionale nelle strutture private, dove è padrone il lavoro del padrone, non l’istruzione … a quindici anni, in imposta obbedienza, quando è facile imparare un mestiere, una professione, ed è impossibile far riconoscere i propri diritti, le proprie necessità; a quindici anni, mentre i coetanei potranno, pur nel non sempre piacevole dovere di studiare, gustare una poesia, un approfondimento di storia, un quadro, la matematica più alta, uno spartito musicale, la fantasia geometrica, la riflessione sulla scienza, ecc., cioè la lente critica sul mondo.
Si può ben dire, allora, che il riordino dei cicli è un “riordino” sociale, un tappeto messo sulla strada della Confindustria. per avallare l’esistente e impedire possibilità diverse e differenti. Si dirà: ma non è giusto che i giovani imparino un mestiere? Ma certo. E rifondazione ciò prevedeva – sempre per chi dice che il Prc non propone niente – ma per tutti: un avvicinamento al lavoro affiancato dalla preparazione teorica poi, a maturità conseguita, l’avvio al lavoro, come avviene in altri paesi europei. Il mondo della scuola è in fibrillazione. L’autonomia sta facendo danni e tenta di dividere il corpo docente e non docente; attua competitività tra scuole dello stesso grado. Le private, finanziate, sono pronte per scavalcamenti.
Il parlamento, al momento in cui scriviamo, sta esaminando il decreto attuativo. I sindacati hanno annunciato scioperi e mobilitazioni. Rifondazione comunista continuerà con determinazione la lotta al loro fianco.
C’è di che sperare.
Torna la scuola della selezione di classe
L’opposizione di Rifondazione nell’intervento della relatrice a Montecitorio
di Maria Lenti
in «Liberazione» – 23 settembre 1999
Rifondazione comunista ha lavorato con passione in questi anni affinché la scuola fosse riformata nelle sue possibilità di vita, nei contenuti, nei programmi, negli addentellati; per favorire la conoscenza critica della realtà, anche futura, e la conoscenza del mondo del lavoro, inteso come realtà non statica, in cui i giovani usciti dalla scuola potessero non inserirsi pedissequamente nel mondo e nel lavoro, ma relazionarvisi in modo dinamico. II provvedimento esaminato dalla Camera non soddisfa minimamente. Non soddisfa noi, che avevamo presentato un testo alternativo: non soddisfa e non trova nemmeno il consenso del 50 per cento degli Italiani e di una parte ancora maggiore dei giovani e dei lavoratori della scuola.
Il provvedimento sui riordino dei cicli è frutto di un accordo Ds-Ppi; in pratica, si tratta di una delega al governo, su direttive di fondo a dir poco discutibili. Si istituzionalizza per legge, anzitutto, la diversità territoriale della scuola; e si fa lo stesso per la selezione dei giovani tra scuola, formazione professionale e apprendistato. Molti di noi ricordano – altri l’hanno vissuta – la scuola di classe, per cambiare la quale ci siamo tanto battuti, la sinistra si è battuta; allora bambini di 11 anni erano diretti al lavoro, all’”Avviamento” o alla Media, a seconda della loro provenienza geografica, sociale, economica. In questo riordino avviene la stessa cosa.
Alla selezione di classe, poi, si aggiunge l’affidamento della formazione professionale ai privati, direttamente. Il che significa che lo Stato, finanzierà i privati a questo scopo, così come per l’apprendistato. Qui è l’industria che la vince, la Confindustria e non certo gli artigiani. II ministro Berlinguer parla d’un salario di 600 mila lire al mese agli apprendisti: certo, chi rifiuterà i soldi, ministro? Rossana Rossanda ha di recente affrontato il tema del sostegno alle famiglie, e poneva proprio questa domanda: chi rifiuterà? Come si dice, meglio un pò di soldi oggi che il niente domani.
Questo disegno, insomma, rientra nelle scelte taglieggiatrici e neoliberiste dell’attuale maggioranza e si affianca ad altri suoi provvedimenti sulla famiglia. Nessuno ignora che per la scuola dell’infanzia assorbita per intero nell’obbligo sono state concesse grandi aperture ai privati, oscurando l’articolo 33 della Costituzione e il suo dettato «senza oneri per lo Stato». E’ stato respinto il nostro emendamento che prevedeva l’obbligo per lo Stato di istituire scuole là dove non esistono: e chi farà questa scuola dell’infanzia? I privati. E sarà lo Stato a finanziare le 14mila classi della scuola dell’infanzia in più che verranno istituite. Come si fa allora ad affermare che questa è una riforma a costo zero? Solo se, mentre si prevedono riduzioni di spesa, non si dicono le spese che invece ci saranno. E perché gli “esuberi” o i precari che non verranno più riassorbiti si calcolano – cosi dicono i dati sindacali – attorno agli 80mila.
Non è scandaloso tutto ciò per un governo cosiddetto di sinistra, per le forze che all’interno della maggioranza avevano dichiarato che non un soldo sarebbe andato alla scuola privata e si dicevano contrarie alla riduzione dei posti di lavoro?
Questa è una legge senza respiro anche per il futuro della nostra società, oltre che della nostra scuola. Pensiamo a come era stato molto più lungimirante Gabrio Casati, ministro della Pubblica Istruzione subito dopo l’Unità d’Italia, che istituì il diritto per tutti i bambini e le bambine di andare ad istruirsi fino alla quinta elementare; in una società che, anche allora, era dominata da ceti economici e sociali che pensavano e volevano quei bambini nei campi, nelle botteghe, nelle fabbriche. E pensiamo a come è stato lungimirante il nostro Parlamento nel 1961-62 quando ha istituito la scuola Media Unica in tutta Italia, abolendo l’Avviamento e innalzando per tutti il diritto allo studio fino alla terza media. E non c’erano anche allora industriali che gridavano allo scandalo e alla necessità di avere forza-lavoro subito in fabbrica? Oggi si approva invece una riforma della scuola che fa differenza: di censo, di situazione sociale, familiare, probabilmente di sesso.
Per tutte queste ragioni, Rifondazione comunista continuerà al Senato e nella società, con passione, la sua battaglia per una scuola diversa e davvero nuova.
Il lungo addio all’istruzione per tutti
Mica male per il centrosinistra
di Maria Lenti
In «Liberazione» – 3 marzo 2000
È l’inizio di un addio alla scuola pubblica statale, la scuola bella, pluralista, di tutti e di tutte, la scuola libera per eccellenza.
Rifondazione comunista non può condividere un provvedimento così. Per contrastarlo, abbiamo fatto la nostra parte, anche con gli operatori della scuola e con i genitori.
Abbiamo proposto finanziamenti certi per biblioteche, edifici, laboratori, palestre e per la vivibilità della nostra scuola, per il pagamento di libri e di stipendi migliori a tutti gli insegnanti. Rifondazione ha fatto la sua parte anche con altri partiti, almeno fino a che questi, in Senato, non hanno fatto il blitz del maxiemendamento che è ora questa proposta di legge. Voglio ricordare le giornate infuocate del dicembre 1998 per la discussione della finanziaria per il 1999, le dichiarazioni in aula, le conferenze stampa a metà di quel mese per questi 347 miliardi previsti nella proposta di legge n. 6270. Dove sono, ora, i comunisti italiani, i socialisti democratici e altri deputati della maggioranza, che si dovrebbero esprimere a titolo personale? Dove sono alcuni diessini fieramente avversi alla parità e al finanziamento delle scuole private? Dove sono alcuni Verdi? Sono qui, insieme, a dare valore, valenza e soldi (897 miliardi ora e, in prospettiva, molti di più) alla scuola privata, nonché sgravi fiscali mistificando, dietro la funzione di Onlus, un vantaggio economico effettivo e che ogni impresa necessariamente persegue, sia essa appartenente a laici o a religiosi. Sono qui a conferire al ministro una delega in bianco per svalutare la scuola statale e per dare uno status legale alle scuole private, le cui «regoline», anche ridicole, vanno a costituire un tessuto a trama talmente ampia che ci può passare un cammello, quale ad esempio un «diplomificio».
Quanti erano gli scioperanti del 17 febbraio? Il 70 per cento? Ministro Berlinguer, lei e il ministro dell’interno dovete ancora rispondere alle interrogazioni in proposito. Questi insegnanti continueranno la battaglia per il riconoscimento del loro lavoro e della nostra scuola, la scuola di tutti e di tutte. Rifondazione comunista è con loro.
Il Governo afferma che non vi sono soldi e giustifica così la dismissione del patrimonio pubblico, dalla scuola agli enti, ai palazzi storici, che probabilmente diventeranno locali con odori di hamburger invece che contenitori di attività sociali e culturali pubbliche.
Le leggi sulla scuola e l’autonomia frammentano e dividono; i cicli rimandano alla scuola di classe; la parità regala ai privati i soldi. I soldi, dunque, ci sono! Inoltre, vi è la certezza, da parte degli studiosi che la parità sia anticostituzionale. Infatti, essa cambia il sistema di istruzione, concede finanziamenti ai privati, anche con sgravi fiscali alle famiglie, essa inquadra nell’ordine della legge la flessibilità del lavoro e, addirittura, il lavoro non retribuito, il volontariato. Mica male per un Governo di centrosinistra !
[Intervento come deputata: sintesi della dichiarazione di voto].
Maria Lenti
LETIZIA MORAZZI
Settembre, l’ora della scuola
Troppe e stravolgenti le zeta della scuola di Letizia Moratti: privatizzazione, svalorizzazione degli organi collegiali, riduzione di finanziamenti, regionalizzazione, precarizzazione, settorializzazione, flessibilizzazione, ecc. In un tema in classe sarebbero tutte parole da segnare con quel suffisso -zione panciuto, gonfio. Da cancellare, nel riscontro concreto: rubano alla scuola pubblica energie e risorse. Le sottraggono a docenti e discenti.
Tempo pieno tempo prolungato? Quasi scomparso. Sperimentazione? Addio. Riconoscimento del ruolo docente in un diverso contratto di lavoro? Risibilità. Libri di testo aperti? Desiderio inevaso. Anzi rischio di reazione Burocrazia indotta? Tutt’altro. Più importanti, infatti, le funzioni aggiunte, le riunioni, che libri, quaderni, vocabolari, lavagna, sussidi didattici laboratori, voce e gesti e … quella relazione tra le due parti che permette di sentire il senso dell’insegnare e dell’imparare. Consigli di classe in cui le attività prendono il posto spesso degli alunni e delle alunne, cioè di un progetto ed una pedagogia, una didattica che possa essere loro, che possa cioè “comprenderli, prenderli con sé” perché siano loro stessi critici, creativi, fantasiosi, capaci di avere la loro vita. Open days, istituti “montati” in CD, mostre di elaborati, gite pignolescamente documentate negli intenti e nei risultati.
Due più due deve fare quattro: l’ossessione dei conti da quadrare. E ognuno al suo posto in una piramide già innalzata e in via di consolidamento: il dirigente che dirige e ordina, gli insegnanti nei diversi livelli (a seconda delle funzioni). il personale accorpato e ridotto al lumicino, che deve stare dove sta il collegio docente sempre meno incidente , la scuola con l’obiettivo schiacciato sulla società e la società (quando e possibile, rendendo la cosa possibile se impossibile) a scuola: che la preparazione scolastica abbia un fine immediato e sia di chi vuole lavorare e non di chi vuole che so, sognare … Ah!
I giovani tirati da tutte le parti: educazione stradale e sport, inglese e Internet, tempo libero organizzato (nuoto, lingua, ricamo e tombolo, danza: a pagamento C’è chi può. Chi non può resta al palo o fa i salti mortali a fine mese) esperti esterni in cattedra per comunicare sul terreno del sociale. Tutto a puntino in orario, in entrata e in uscita, dentro debiti e crediti formativi lontani mille miglia dalla libertà profonda della propria espansione, secondo il diritto o, meglio, il bisogno (non indotto) di studio fatto di saperi che si intrecciano e si chiariscono e procurano il piacere sottile di sperimentare la conoscenza con il proprio corpo di toccarla quasi con mano.
Si moltiplicano i canali degli interventi esterni (economici e istituzionali) a dettar regole se non leggi (ovvero a dettar regole su leggi ministeriali) e chi è più bravo o più furbo potrà avere approvato e finanziato il proprio progetto. Nel cassetto quelli non accettati: perdita di tempo e scorno per i ragazzi e le ragazze che vi hanno lavorato e ci contavano per, come si dice, apparire e non restare anonimi.
Istituzioni, privati. La scuola viene dopo. Che cosa accadrà con il passaggio (non osteggiato dalle Regioni, nemmeno quelle progressiste che hanno già firmato i protocolli d’intesa) dei tecnici e degli istituti professionali alle Regioni appunto?
Fiumi di soldi a soggetti privati, insegnanti a contratto, precari e flessibili, legame strettissimo con il mercato, ecc. Si arriverà a dipendenti differenziati nel rapporto di lavoro, nella rappresentatività.
Dopo la scuola media, i tredicenni Pierini andranno ai licei e gli altri ad imparare obbedienti il lavoro. Sepolto lo studio che libera testa e corpi: si riprenderà a nascere o si continuerà i nascere (il vecchio non muore), dunque, operai o dirigenti, imprenditori o contadini, comandanti o subordinati. Con scale ancora più definite per le bambine e le ragazze c’è da dubitarne? Be’. Non tutte sono veline. Non tutte le mamme sono velone né i padri sono tutti super senior.
Dove se ne va la scuola per tutti quella immaginata dopo Lettera a una professoressa pensata e poi versata (da genitori e professori) nella sperimentazione in molte classi e in molte scuole, alle medie come alle superiori e nelle elementari? (Invidiate ali estero, le elementari sono smantellate e composte in altro).
Dal libro di don Lorenzo Milani, cioè dalle speranze e dal lavoro nella scuola, scuola che aveva necessità di cambiamenti prima ancora che arrivassero le stanchezze , è passata parecchia acqua sotto i ponti. Torbida, oggi. II centrosinistra ci ha messo di suo, la Moratti e Berlusconi (con Tremonti) puntano di getto su una scuola a loro uso e misura, come un Impresa solida ed efficiente.
II coro di si pero e solo eco mediatica. Si e fermato il concorsone, lo si fermerà se sono vere le voci di una sua riproposta. Si scoprono gli altarini dei tagli e delle direttive. Si svela il volto nascosto della legge sulla parità scolastica e succede che oppositori del governo e favorevoli si ritrovano sulle stesse ragioni: il no è stato ed è trasversale . Al parlamento e sotto il Ministero della pubblica istruzione presìdi quotidiani (Per es i precari storici scavalcati dai sissini. Supplenti contro supplenti: ma non e una cosa che fa vergogna a chi ha innescato e fomentato la discordia a chi la perpetua?). Gli studenti scandiscono il no alla riforma e richieste (soldi, innalzamento dell’obbligo scolastico, gratuità degli studi. ecc .) tanto loro quanto di tutti. Insegnanti studenti sindacati e altri soggetti stanno preparandosi (mentre scriviamo: settembre 2003) per una grande iniziativa nazionale. Si aprono spiragli per un aria più respirabile? Chissà. Forse . Lasciati Voltaire e il suo Candide (o Sciascia sempre sull’argomento) ma anche le rigidezze illuministiche confidiamo gramscianamente nella presenza politica e ci mettiamo il cuore.
Pubblicata in:
“Il grande vetro”, 68, 168
Ottobre-Dicembre 2003
Liberazione
venerdì 5 marzo 2004
Dal regionale Marche una proposta per il diritto al sapere, per dire no alla controriforma della scuola
Ministro Letizia Moratti: bocciata!
Che dire ancora della controriforma Moratti? Tagliato tempo pieno e prolungato, dovremo aspettarci via via i gradini discendenti del suo programma che, in sintesi, apre la scuola ai mercati privati con percorsi individualizzati e pacchetti a pagamento. Si uscirà dalla scuola, anche dell’obbligo, con minori o maggiori conoscenze a seconda dei corsi seguiti dagli studenti. E gli studenti saranno motivati, sì, di loro interessi ma … anche da quel che le famiglie potranno sborsare. Leggere i testi, studiarne i sottofondi, vederla in proiezione la scuola berlusconiana: le cose stanno proprio così.
Chiara la fine dell’obbligo scolastico a 13 anni: il ragazzo e la ragazza dovranno scegliere (difficile ad ogni età, un macigno per un adolescente !) la formazione professionale (spesso in strutture private e, in ogni caso, con un forte intervento dei privati – ossia dei loro interessi nelle loro fabbriche, industrie, laboratori, negozi, ecc. -), oppure le superiori (sempre finalizzate al mercato e all’esistente).
Ancora i bravi (i Pierini, direbbe don Lorenzo Milani) e tutti gli altri. Ancora una discriminazione, anticostituzionale, tra chi può e chi nasce, la più parte, da genitori che fanno i conti, ogni mese, con le proprie possibilità. Demagogia ? Mica tanto. Basta guardare i dati (anche disaggregati, per regione e province) della frequenza della scuola superiore in Italia, della dispersione in ogni ordine e grado.
Un’altra scuola è possibile. In Parlamento i numeri sono chiari. Ma sono state chiare anche le manifestazioni del 29 novembre 2003, del 17 gennaio 2004, le prese di posizione, le iniziative dei partiti dell’opposizione e delle associazioni diverse.
Rifondazione Comunista ha fatto e sta facendo la sua parte con altri (Associazione per la scuola della repubblica, sindacati di base, Cgil Scuola, studenti, partiti del centrosinistra, genitori). Chiede l’istruzione obbligatoria fino a 18 anni, la gratuità degli studi, la difesa e il finanziamento della scuola statale pubblica.
Il Prc propone altro, diametralmente opposto alla “scuola Moratti” che riduce i giovani, le giovani a pedine obbedienti di questo sistema economico e politico, dentro una scuola ed una formazione che sono nel solco dell’attacco liberista all’istruzione pubblica statale,un attacco in atto un po’ ovunque in Europa e nel mondo e che con i Gats ha l’obiettivo della mercificazione.
Ragazzi a lavorare a tredici anni ? Ragazzi demotivati e dunque solo pronti per il lavoro ? Ragazzi che sognano solo un immediato guadagno ?
E se provassimo a fare una scuola diversa in strumenti, locali, mezzi didattici efficaci e ultimi, trasporti, mense, tempo pieno e prolungato, corredo di libri,borse di studio e – a salire verso le superiori.perevitare la dispersione scolastica e incentivare studio e frequenza – prestiti d’onore, carta dello studente, biblioteche scolastiche con animatori che invoglino a leggere, le quali siano anche centri culturali (diversi da quelli che si possono trovare fuori) ?
E se vi fossero tecnologie avanzate nei laboratori scolastici, computer, palestre attrezzate ? E se si dessero ai giovani pacchetti per cinema, teatro, musica, viaggi, manifestazioni sportive e culturali e finanziamenti per attività di quest’ultimo genere dentro gli istituti ?
E se della scuola incentivassimo il carattere specifico di formazione culturale e anche di conoscenza del lavoro ma dentro i suoi laboratori?
Le regioni, la Regione Marche nel caso, possono arricchire e finanziare lo spazio di appprofondimento culturale e di avvicinamento alla “professionalità” non appiattiti sull’esterno, critici e svincolati dagli imbuti e dalla costrizione del giovane sulle logiche del profitto delle imprese e sulla precarietà del rapporto di lavoro.
E se liberassimo, con questi interventi e non con il bonus, le famiglie, in relazione al reddito, dal peso economico dell’istruzione dei figli e delle figlie?
La scuola peserebbe meno. Chi è stanco di andare a scuola forse potrebbe trovarla divertente. Chi ritiene che la scuola sia un investimento troppo lungo e costoso potrebbe ricredersi.
Inguaribile utopismo pensare e proporre un sapere più diffuso e più raggiungibile per tutti e per tutte ? Non possiamo non essere utopisti se vogliamo un futuro. La proposta del Prc delle Marche * ha una filosofia opposta alla controriforma Moratti: di fronte alla inamovibilità di lavoro e società, a cui la scuola deve subordinarsi, subordinando la vita dei giovani, si propone la libertà di istruirsi (e di capire il lavoro e la società), per vivere e per scegliere alla maggiore età, la libertà di sentirsi protagonisti, democraticamente con gli altri e le altre nelle scelte personali e della polis e del mondo, fuori di un’ottica imposta e impostata.
La proposta del Prc delle Marche per il diritto al sapere rafforza il sistema d’istruzione nazionale previsto nella Costituzione, per realizzare il quale ci siamo messi in tanti, in questi cinquanta anni: insegnanti, genitori, studenti, sindacati, forze politiche progressiste. Altro che la scuola di Letizia Moratti, che i protocolli d’intesa rischiano di smembrare in 20 sistemi regionali scolastici diversi, talora (ahi) con il concorso di chi, con l’alibi di contrastare la Moratti, fa, pari pari e non proprio ingenuamente, il gioco della sua controriforma.
MARIA LENTI
Dipartimento Scuola Nazionale e delle Marche
* Hanno definito la proposta i responsabili scuola delle Marche: Martella Baldoni, Dante Guglielmi, Maria Lenti, Alberto Sgalla, Alessandro Volponi. Discussa in un comitato regionale sulla scuola, a cui erano presenti il segretario regionale, Giuliano Brandoni, compagni e compagne dei federali e Giancarlo Torricelli, del dipartimento nazionale scuola, la proposta è stata approvata all’unanimità. Stanno partendo delle iniziative per farla conoscere a cittadini e cittadine, compresi gli amministratori degli enti locali, in primis del Prc, che saranno coinvolti nella attuazione.
Varie
21 settembre 2006
ore 18,00
Area accoglienza
Seminario del Dipartimento cultura del Prc
Diritto alla conoscenza, diritto alla cultura
Interventi di:
Gianni Ferrara
Giuseppe Giulietti
Maria Lenti
Wladimir Luxuria
Coordina: Stefania Brai
Promuovere la formazione
Diffondere la cultura musicale
Garantire il futuro
2 dicembre 2006, ore 16
Ancona
Sala dell’Autorità Portuale
INTERVENGONO
Michele Altomeni
consigliere regionale
Maria Lenti
Dipartimento cultura Prc
Stefano Mauro
Audiocoop Marche
Gabriele Moroni
Musicologo
PARTECIPANO
Luigi Minardi, Assessore regionale ai Beni e Attività culturali
Assessorato regionale all’Istruzione al Lavoro
Prima Uscita: Mensile della nuova cittadinanza nella provincia di Pesaro e Urbino
Redatto da un gruppo di frequentanti la casa della pace di Pesaro.
La collaborazione è aperta a tutti quelli che abbiano desiderio di cittadinanza per un “nuovo mondo” e mettendosi in contatto con: pesaronuovomondo@gmail.com
Direttrice Responsabile:
Maria Lenti
nuovo mondo
Mensile della nuova cittadinanza nella provincia di Pesaro e Urbino
N°0
nov-dic 2006 – €0.50
Redazione: Valentina Curandi • Lia Didero
Wahid Jabr • Camilo Rocca • Abdelkarim Samai
Associazione Pesaro
Nuovomondo
Vìa Alfano, 5 61100 Pesaro
pesaronuovomondo@gmail.com
Grafica: Studio Aliante – Pesaro www.studioaliante.it
Stampa: Grapho5 Bellocchi di Fano (PU)
Tiratura: 5000 copie
Per abbonamenti e collaborazioni: pesaronuovomondo@gmailcom
Registrazione al Tribunale di Pesaro in corso
Questo giornale è un esperimento. Un incrocio di carta dove persone diverse, per provenienza, cultura, sensibilità, classe sociale provano a raccontare, e raccontarsi, la propria città. Come la vivono, come la vedono. Come ognuno si muove in essa. Scriverci è facile, anche poche righe, e ogni contributo un punto di vista che illuminerà qualche angolo. Ogni numero vorrebbe avere al suo centro, come una piazza, un aspetto della vita di tutti i giorni in cui descrivere la situazione com’è, e come viene vissuta dai nuovi e vecchi abitanti. Il mercato della casa, il commercio etnico, la ricerca del primo impiego, l’ottenimento di un mutuo, la scelta dell’assicurazione, la sanità o il problema della sicurezza … Raccontati con i numeri e le caratteristiche che assume nella nostra città, ricavate dagli operatori del settore e dai professionisti. Ma anche con le storie che raccoglieremo, che ciascuno avrà voglia di raccontare. Ragionando poi sulle buone o le cattive pratiche che in essa è possibile praticare, con consigli e richieste, e perchè no, su come potrebbe andare meglio. Sperando che chi ha orecchie da intendere, intenda.
Una redazione aperta, che cercherà collaborazioni momentanee con la speranza che diventino periodiche, durature. Che cerca referenti di tutte le provenienza per dare voce anche a realtà nascoste, dentro le case o dietro i muri. Con uno spazio ai giovani, che in questa nostra realtà hanno sempre meno voce, per capire cosa hanno da dire.
Un antidoto all’isolamento e alla paura, all’intolleranza che può diventare razzismo. Perchè ciascuno possa parlare di sé, per tutti. Per ora senza periodicità ma con la voglia di durare.
Su questo numero parliamo della città, di com’è e di come cambia nella nostra provincia. Per costruire, insieme, un pezzetto di un nuovo mondo.
Su ogni numero affronteremo un tema diverso: per costruire insieme il prossimo numero, che uscirà a gennaio/febbraio, incontriamoci
sabato 16 dicembre alle ore 16.00 alla Biblioteca Bobbato, Galleria dei Fonditori, 64 (Ipercoop Pesaro, 1° piano)
Un appuntamento a cui tutti/e siete invitati già da ora, per portare la vostra esperienza, le vostre domande, le vostre storie, e magari anche qualche risposta.
Biglie colorate
Una biglia è una pallina di vetro, piccola e dura. Una biglia è rapida, come queste parole, queste considerazioni, questi brevi commenti all’attualità.
Buona lettura
♦Qui, vogliamo provare a navigare nella multiculturalità con il miraggio dell’interculturalità. Sembrano parole difficili, ma significa, semplicemente, che amiamo la curiosità.
♦Da una statistica sui clandestini in Italia, pubblicata su La Repubblica del 21 agosto, emerge che il 67% di essi sono persone che entrano nel paese regolarmente, e vi restano anche dopo che scadono i relativi permessi; che il 29% entra dai confini settentrionali; e che solo il 4% sono quelli che arrivano via mare, attraverso il Canale di Sicilia.
In questo numero ci sono:
Kajo e la sua storia a pag. 1
Le interviste a Lucia, Hicham, Ayada, nella rubrica Persone, la storia di Casa della Pace, l’associazione Millevoci a pag. 2
La città vista da Karim Samai, Roberto Biagianti, Esoh Elamè, nel Dossier a pag. 3
le recensioni e le notizie di servizio raccolte dalla redazione a pag. 4
L’editoriale di questo N° è in italiano, albanese, inglese, rumeno e arabo.
APPUNTAMENTI IN MARZO 2007
PRC-SE – Gruppo Consiliare Regionale PRC-SE – Audiocoop Marche
X una legge sulla musica nelle Marche
Diffondere e sostenere la cultura musicale
INTERVENGONO:
Michele Altomeni, consigliere regionale
Maria Lenti, dipartimento cultura PRC
Stefano Mauro, Audiocoop Marche
DAL TERRITORIO MUSICALE
Giacomo Maroni, commissione cultura PRC Marche
Marco Milozzi, centro giovanile Icaro
Rodolfo Dini, musicologo
15 marzo, ore 21
Porto San Giorgio
Sala “Ennio Imperatori”
Via Imperatori (nei pressi della stazione)